pd

La Lega ha strappato il sol dell’avvenire

E così anche oggi, come in qualunque day after di qualunque elezione, si sgranano i rosari delle percentuali. Qualcuno cerca ragioni di esultanza, altri cercano capri espiatori, altri cercano sostegni numerici alle riscosse politiche. Ma ci sono alcune verità che sono sotto gli occhi di chiunque decida di non serrarli: il PD campicchia, Il PDL cala parecchio al Nord, ma soprattutto la Lega ha fatto il botto in più di mezza Italia. E il tema del referendum sulla persona Berlusconi rimane sullo sfondo, un po’ sfuocato.

Il premio al localismo della Lega ci dice che la gente non ne può più dei referendum su Berlusconi, perchè non è lì il problema. Queste migliaia di persone delle province lombarde, venete, piemontesi, emiliane vanno in massa a votare un partito che ha un progetto chiaro in mente, e che parla delle loro case, degli angoli delle loro strade, lì dove la politica è scomparsa da tempo, dove certamente la televisione mistificatrice del cinismo Berlusconiano nutre la paura di tutto ciò che è “altro”, restringe gli orizzonti e concentra l’attenzione sull’eterno oggi, ma altrettanto certamente c’è qualcuno che tutti i giorni si fa il mazzo per riempire il vuoto dei sogni, raccontando credibili prospettive a lungo termine di piccoli mondi migliori, fatti di piccole comunità autosufficienti al riparo dalla globalizzazione e dalla violenza del mondo marcio, brutto e cattivo.

Certo, è probabile che Lega e PDL siano al punto di equilibrio per cui da ora non potranno che mangiarsi l’un l’altro. Ma se dall’altra parte non ricominciamo in fretta a dipingere chiare alternative possibili e realistiche, che tengano conto con serietà dei VERI bisogni, delle VERE paure, e del VERO vocabolario di strada della VERA gente, allora non rimarrà che il deserto. Altro che sol dell’avvenire.

Stanchezza democratica

Lo ammetto: sono uno di quelli che credeva in Veltroni e nel suo progetto. Ci credevo perchè conosco e ammiro l’uomo, la sua sensibilità, la sua onestà intellettuale. Ci credevo perchè speravo che il nostro paese, smarrito, confuso, stanco, avrebbe capito, e l’avrebbe scelto. Ma questo non è successo, e i numeri hanno dimostrato che non si è trattato di una sconfitta per sommatoria (con la Lega associata al Pdl c’era comunque poco da fare), ma di una sconfitta nel merito. Il paese non ha capito, o non ha voluto, Veltroni. Ancora una volta il paese ha scelto un uomo arrogante, spocchioso, ignorante, furbo, di successo, per rappresentare tutto quello che è, non può non essere, e vorrebbe essere.

Abbiamo insomma toccato con mano che viviamo in un Italia non dissimile da quella del ventennio fascista. Un manipolo numericamente irrisorio di individui ha fatto passi avanti (usa friendfeed, mangia biologico e sushi, legge Palahniuk e si informa con i feed RSS), ma il resto è lì: si lamenta, cerca un cognato di un cugino (o viceversa) per avere un posto fisso, legge Visto, guarda il TG1/2/3/4/5, va in vacanza a ferragosto a Rimini o Ladispoli, oppure compra e vende soldi, è iscritto alla massoneria, va in barca a Porto Cervo, evade le tasse.

Il risultato di questa consapevolezza è un partito (il PD) che, semplicemente, non sa cosa dire, non sa con chi parlare, non sa cosa fare. Il “civilismo”, la proposta politica rigettata dal paese e per definizione non rinnegabile, si è trasformato in una gabbia di stucchevole “buonismo” che rivela ciò che non riesce a nascondere: l’incapacità di prendere posizione sui temi che scalderebbero i cuori raggelati di quel 33% che c’aveva creduto. Lo vedi dalle Feste (come racconta Federico), luoghi freddi e stanchi, e in cerca di identità. Lo senti parlando con la gente al mercato, rassegnata all’inesistenza di un grande partito a cui affidarsi per contrastare la dittatura culturale del pensiero debole. Lo vedi in chi sta guardando a Di Pietro come al salvatore della patria. Lo vedi in me, che per la prima volta da vent’anni mi sento orfano, non tanto di un partito, quanto di un’area di riferimento culturale e di pensiero. E guardo Obama in tv, alla convention democratica, e mi rendo conto di essere disinteressato più che invidioso. Sono stanco. Democraticamente stanco.

Trovare le parole

Sto trascurando il blog, e questo accade perchè, da tempo, ogni volta che cerco le parole per discutere qualche evento che cattura la mia attenzione distrattamente critica, accade qualcos’altro che mi costringe a ricominciare da capo il percorso. Ora, le cose sono due: o la augmented reality che cade sotto i miei augmented senses è più veloce della mia capacità di elaborazione razionale, o io sto diventando ogni giorno più stupido. Qualcuno direbbe un pazzopirla. Ma questa è un’altra storia.

Ora, mi piacerebbe provare a buttar giù alcune delle parole che ho trovato almeno per un paio delle cose accadute recentemente. In ordine cronologico inverso non datato. Perchè sennò. Tanto sono due (per ora).

Il crollo del governo
Haha. Sorpresi? Beh. Allora i pazzopirla siete voi. Viviamo in un paese politicamente disastrato, e lo sappiamo da molto molto mooooolto tempo. Che senso ha prendersela con quei quattro farabutti che per calcolo politico o idiozia stanno mandando a casa il governo? Il problema è che i quattro farabutti hanno troppo potere, e bisognava evitare che questo accadesse. Ora il paradosso è che la destra, dopo aver dato con la sua legge elettorale di merda il colpo di grazia al concetto stesso di democrazia rappresentativa, finirà col prendere la guida della crociata civile per la governabilità del paese, guadagnandone in immeritati consensi e in peso politico nella scelta del nuovo sistema elettorale. Non era meglio se lo facevamo noi? Non era meglio se, appena eletti, si diceva che così non si poteva governare, si faceva la legge elettorale, e si tornava alle urne subito? Ora che il danno è fatto e il dado è tratto, non rimane molto da fare se non assistere all’ennesimo balletto della questua dei voti ad altre fantomatiche liste per l’autonomia del cortile di casa del sor pampurio, qualche altro mese di agonia, e poi tutti a casa a votare in anticipo. Loro, perchè io stavolta sto a guardare. Ebbeh.

Il partito democratico
Hahaha. A Roma si dice: “ma n’d’annamo….”. Il graaande partito democratico, da che sembrava dovesse essere creato per pressione moltiplicatrice dal basso sulla spinta dell’entusiasmo delle primarie, è ormai diventato (o meglio, è stato fatto diventare, grazie alla pochezza endemica di contenuti dall’alto, e dall’inesistente ascolto/confronto col popolo in carne e ossa) un esercizio di stile, un preconcetto assiomatico, un progetto in provetta, forse adirittura uno sbiadito male necessario, sostenuto da pochi personaggi incolori o stanchi, contro tutto e contro tutti, soprattutto contro il buonsenso, che doveva invece essere la fonte di propulsione principale dell’idea stessa. Bisognava aspettare, e bisognava creare le condizioni per una forte unità di intenti con tutta la sinistra. Bisognava ascoltare e capire quale partito democratico vuole la gente, senza baloccarsi con statistiche e numerelli. Magari avremmo scoperto che scrollandoci di dosso Ruini, avremmo potuto assistere alla nascita di un partito più grande e brillante di quanto non potesse sembrare all’inizio.