(Da PlayTheTV) Qual’è il più usato, conosciuto e implementato servizio internet video al mondo? Ok è facile: è YouTube. E’ un sito web dal 2005, ma è anche un servizio internet implementato in praticamente ogni dispositivo connesso dell’universo. . Si può trovare YouTube su Roku, Boxee, Apple TV, WDTV live, (quasi) tutti i lettori blu-ray e i TV connessi, vari decoder IPTV, ecc. Si potrebbe quindi pensare che YouTube sia il perfetto framework pervasivo per distribuire i contenuti video indipendenti (o dei propri clienti) su qualunque tv connesso. Ma ci sono un paio di ragioni per cui non è come dovrebbe (o potrebbe) essere: la mancanza della possibilità di sottoscrivere canali, e la carenza delle caratteristiche di condivisione.
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(da PlayTheTV) Ci sono opinioni secondo le quali la vera tv interattiva è di fatto soltanto su terminali mobili, perchè le app su tv sono complicate e difficili da trovare e usare, e l’attuale caos dei terminali non è d’aiuto. Questo può essere vero al momento, ma quando parliamo di definire un approccio per una strategia di marketing basata sul video online, non possiamo semplicemente ignorare un contesto in crescita che potrebbe avere una improvvisa accelerazione nei prossimi mesi. E’ quindi una buona idea iniziare ad affrontare terminali mobili e tv con una coerente user experience. Ecco quindi qualche consiglio – mi auguro utile – per iniziare.
(Da PlayTheTV) Quante volte avete desiderato poter condividere una clip da un flusso video in diretta? Un’azione di una partita di calcio, o una battuta di un politico o di un attore? La vedi, ti piace, e vorresti poterla condividere immediatamente. Quello che segue non è niente di più di un proof-of-concept di come questa app potrebbe funzionare facilmente attraverso un semplice telecomando.
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(da PlaytheTV) Google sta ancora cercando di definire identità e strategia di mercato della sua a try at defining its Google TV dopo che i principali broadcasters USA hanno bloccato l’accesso alle versioni online dei loro programmi, e lo specifico Android Market deve ancora essere lanciato (con alcuni rumours in circolazione). L’ipotesidi adozione di un processore ARM potrebbe essere un’ottima soluzione per tagliare il prezzo degli STB con Google TV installato, e per farne un completo device Android, ma nel frattempo Google tenta di “televisionizzare” il contenuto web lanciando il Google TV Web Site Optimization Resources, un completo toolbox per ottimizzare siti per la visione attraverso Google TV.
Il toolbox è semplice e ben fatto, con consigli, linee guida, esempi di codice e una ottima UI library per facilitare i web designers nella progettazione di una versione ottimizzata per Google TV del proprio sito. Non sono un grande fan del paradigma “web-alla-tv”. Continuo a pensare che qualunque strumento coinvolga una tastiera e la digitazione di URL rende l’esperienza troppo simile ad un limitato PC, essendo il “fattore divano” l’unico differenziale premiante. In ogni caso val la pena di tenere gli occhi su questo prodotto per capirne l’evoluzione, e magari intanto dare un’occhiata ai primi siti ottimizzati: il sito all news Al Jazeera e lo shop Net-a-porter.
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Anche io, come tanti, ieri sera ho seguito Raiperunanotte, apprezzandone i risultati. E anche io, come tanti, sono convinto che l’intera operazione passerà alla storia. Non tanto per i numeri degli “accessi contemporanei” su web (tutti da dimostrare, e anche fossero veri, comunque poco rilevanti in senso assoluto), nè per l’inesistente potenziale politico sul breve termine (come diceva Gilioli), quanto piuttosto per due ragioni anche ovvie: la dimostrazione della possibilità concreta di rompere la muraglia del controllo tv e costruire un evento mainstream di successo anche senza RAI e MEDIASET alle spalle, e l’effetto virale scatenato sulla rete delle clip tratte dallo show, che solo oggi (il giorno dopo) sono diventate immediatamente una grammatica d’interazione dal grandissimo potenziale di fermentazione su tutti i social network.
Ma c’è un’altra riflessione, che merita secondo me di esser fatta. Ieri erano radunati da Santoro (presenti o in video) un buon numero di esperti e veri giornalisti, e cito Travaglio, Jacona e la Gabbanelli su tutti. Ebbene, Jacona nel suo intervento ha parlato di “progressiva riduzione, compressione del raccontabile”, una straordinaria espressione che mi pare dica davvero molto di quel che c’è da dire sullo stato della società e del giornalismo italiano.
Ascoltando questa considerazione di Jacona, non ho potuto fare a meno di pensare alla nefanda avventura del video in cui Mercedes Bresso sembrerebbe augurare la morte ad una signora, malamente manipolato (da chissà chi) e sparato ovunque da Grillo e dai suoi seguaci (e sconfessato dallo staff della Bresso con un’altra ripresa, vedi qui il confronto, qui la storia raccontata da Mantellini).
Ora, se il cosiddetto “potenziale informativo della rete” emerge come sostituto degli esperti raccontatori di storie, nel rifutare la realtà impacchettata e celestina delle televendite Berlusconiane rischiamo di affidare il nostro orizzonte di conoscenza sociale ad un gran numero di hobbysti (fra cui un gran numero di imbecilli), il cui pseudo lavoro, che consiste nel giocare con movie maker per manipolare la realtà pensando in buona fede di raccontarla, non è altro che funzionale a questa costante e progressiva “riduzione del raccontabile”. E più il raccontabile si riduce, più stupidaggini circolano in rete, in un loop devastante che annulla qualunque tentativo di fornire alle menti in trance di troppi italiani un quadro chiaro del paese in cui vivono.
Che siano sulla RAI o che siano altrove, i raccontatori di storie, quelli veri, quelli che sanno che la realtà va interpretata per renderla comprensibile, quelli che sanno che una vera inchiesta non si fa sbattendo un telefonino indignato di fronte a persone indignate, sono vitali per una democrazia, e vitali per la costruzione di un proficuo e utile tessuto di reporter diffusi. Senza la loro sintassi a fare da guida, non si amplia il raccontabile, si limita a sguazzare nella fanghiglia che rimane disponibile.
Ho letto con molto interesse la nota dell’amico Antonio Pavolini scritta a margine della presentazione del libro di Giampaolo Colletti “le TV fai-da-web”. Antonio analizza con grande lucidità le ragioni per cui nel nostro paese non si usa Internet “a due vie” , e chiude con una punta di rammarico:
E’ una occasione perduta, perchè è proprio sfuggendo alla logica e ai meccanismi narrativi della tv che ci ha condizionato per tanti anni, sperimentando nuovi linguaggi e liberandoci una volta per tutte dall’ossessione di controllare un palinsesto di flusso (a organizzarlo, se proprio è necessario, ci pensano gli utenti stessi) che si può fare della micro web tv uno strumento in grado di “fare massa critica”
Non lo contraddirei, non è sbagliato, come non è sbagliato considerare come occasione perduta un giorno d’estate piovoso. Il punto è: poichè piove, e al mare non possiamo andare, che vogliamo fare?
Il nostro paese, forse meno di altri paesi europei (ma verificherei prima), è incrollabilmente ancorato alla tv di flusso. Tutto il video italiano che ruota nella rete si può considerare “di risulta” dalla presenza ingombrante dei palinsesti raiset: stralci di tg e talk show stracommentati, reportage che fanno il verso ai servizi del tg, comici e ballerini improvvisati che si esibiscono davanti alle webcam sperando di fare il colpaccio e finire in show come “Amici”. La rete è l’anticamera, o la camera di decompressione, della tv. Basta ricordare il panico che si è creato nei giorni di switch off verso il digitale terrestre, per rendersi conto che il monolite del rituale casalingo non cambia, e non è mai cambiato negli ultimi 50 anni. Possiamo lamentarcene, certo, ma se vogliamo innovare davvero, o almeno tentare di accelerare un lentissimo e pericoloso processo di decomposizione della tv di flusso (evitandone i pericolosi colpi di coda), dobbiamo chiederci cosa fare stante la situazione attuale, non limitandoci a costruire operazioni alternative di nicchia destinate a rimanere nella nicchia. E secondo me, le linee guida sono sostanzialmente cinque.
- Sorvegliare l’integrazione fra televisore domestico e internet
E’ meno banale di quel che si possa pensare, perchè è proprio sul divano di casa, e accanto al tavolo della cucina, che si gioca la partita, e il rischio dei “walled garden” è altissimo. Bisogna seguire gli sviluppi di questo processo, e premere dal basso per la maggiore standardizzazione possibile. - La qualità fa la differenza
Oggi basta attaccare un telefonino a Livestream, ed ecco qua il tuo programma tv in diretta, ma anche il modo migliore per uccidere creatività e interesse intorno all’audiovisivo su web. Il fatto che sia facile non vuol dire che funzioni bene, e gli utenti/spettatori la differenza la vedono eccome! Da operatori nel settore, bisogna essere intransigenti su questo, non importa se passiamo per rompiscatole ossessionati dalla qualità, ma c’è una soglia minima sotto la quale è meglio non fare. RIcordiamo che produrre audiovideo di qualità non costa tanto, a volte la differenza è solo la competenza. E l’incompetenza uccide scenari e mercati. - Diretta: il qui e ora
Nonostante si parli normalmente di video on demand come cardine della fruzione audiovisiva su web, trasmettere in diretta ha alcuni vantaggi ineludibili nel contesto a cui siamo abituati: il meccanismo di amplificazione dato dai media tradizionali, più forte nel caso di eventi legati ad un preciso momento temporale, e l’idea stessa di evento come elemento catalizzatore dell’attenzione degli spettatori. L’idea di ondemand è più forte se la si considera come “soluzione-per-rivedere-l’evento”. Inoltre, è più facile associare soluzioni innovativi di interazione realtime, per far entrare nell’uso comune l’idea dell’internet a due vie. - La scrittura della serialità
Se da una parte è vero che l’attenzione su web tende a decrescere su prodotti seriali, la capacità autoriale di scrivere per la serialità è anche la migliore medicina per far entrare nell’orizzonte quotidiano un format di qualsiasi tipo. Bisogna solo farlo bene. - VIPS on the rocks
E’ una vecchia storia, ma sempre vera: quando c’è un “nome” (conduttore o ospite che sia), il 50% del successo è assicurato.
Si tratta solo di qualche spunto, discutibile e integrabile. E sono cose forse più facili da dire, che da fare. Ma sono abbastanza convinto che per fare seri passi avanti nella direzione dell'”audiovisivo a due vie” non possiamo trascendere dalle abitudini consolidate: ricordiamo che uno dei proverbi più amati in questo paese è “chi lascia la via vecchia per la nuova, sa che cosa lascia, ma non sa che cosa trova”.
Quando ho avuto l’idea-suicidio di fare 4 dirette contemporanee più tutto il materiale ondemand in quasi simultanea dal Romecamp, mi sono detto da solo che forse si trattava di uno sforzo esagerato e forse anche eccessivo. Ma io sono fatto così, quando mi innamoro di un’idea difficilmente mi fermo. E quando ho visto i numeri, ho capito che l’idea non solo era interessante, ma anche oggettivamente vincente.
Per dirla in breve, nell’arco di 4 giorni abbiamo avuto 3000 visitatori unici, e 70.000 accessi complessivi ai video, naturalmente contando sia le dirette che tutti i singoli video on demand. E credo la chiave sia proprio questa: aver costruito una piccola coda lunga in un contesto già di nicchia, per cui, nei più di 80 clip prodotti in due giorni in un contesto sufficientemente generalista, davvero un notevole numero di persone ha trovato qualcosa di interessante da seguire, sia in diretta che ondemand.
Certo, alcune cose sono andate storte, abbiamo avuto qualche problema di encoding che ci ha costretto a rifare tutti gli interventi dell’aula 2, le inquadrature delle camere nelle singole aule sono spesso discutibili perchè lasciate non presidiate o nelle mani di volontari disponibili (grazie!) ma ovviamente poco preparati, ecc. ecc. Ma il sistema, sperimentato su un contenuto già di nicchia, funziona e interessa, e questo conferma la bontà della strada su cui, spesso in silenzio (ed è un peccato, e dobbiamo rimediare), dolmedia lavora e sperimenta già da tre anni: inventare nuovi format che vadano oltre la mera amplificazione audiovisiva su internet. Un buon lavoro, fatto con passione e tanto sacrificio, da un gruppo coeso, allegro e capace di faticare di brutto e sporcarsi le mani per far funzionare le cose.
Grazie a loro, e grazie a tutti coloro che credono nel nostro lavoro. (la foto su è di Lyonora)
Sempre a proposito di Joost, ricevo la segnalazione da Pietro di Voipblog, di un bel sondaggio preparato a quattro mani con Tommaso Tessarolo proprio sulla piattaforma p2p tv in questione.
Io l’ho già compilato, e suggerisco a tutti i passanti di compilarlo proprio per elaborare e comprendere assieme quali possono essere le reali prospettive e quali le eventuali criticità per uno strumento come questo.
Andate e compilate!
All’alba del lancio in grande stile, e dopo aver siglato accordi con importanti content providers e advertisers (CNN, Sony, CBS, Coca cola, Nike, P&G, General Motors), Joost comunica di aver ricevuto un consistente assegno di 45 milioni di dollari di venture capital da players come Index Ventures e Sequoia. Davvero una bella cifra per un prodotto che potrebbe segnare un importantissimo passo avanti per il futuro della Internet TV (o Net TV come ama chiamarla Tommaso Tessarolo). Sarà interessante capire se il pubblico decreterà il successo di questo curioso mix di social networking e tv p2p. La mia prima esperienza d’uso mi ha lasciato qualche perplessità, che provo a riassumere in poche parole:
- Joost è chiaramente nato per la tv, si gestisce come si gestirebbe una consolle da videogames o un STB, ma le funzioni di social networking sono a mio parere troppo poco usabili in questo scenario. Il paradigma di interazione non è quindi ancora molto netto.
- La piattaforma NON è aperta agli UGC, e questa mi sembra francamente un ottima cosa. Tuttavia, è prevista l’apertura a content owners che non siano la CBS e la CNN. Non mi sembra però ancora chiaro (o forse lo è, ma a me è sfuggito) quale sarà il meccanismo di inclusione: criteri qualitativi? ingresso a pagamento? Qui, secondo me, si gioca una partita enorme.
- L’impossibilità di downloadare i contenuti è certamente un limite strutturale che non farà di Joost la killer platform per la Internet TV. Ci può stare, di tutto abbiamo bisogno tranne che di uno SKY monopolista anche sulla Internet TV. Però un rischio c’è, ed è quello che gli utenti si limitino al casual zapping su Joost, prediligendo sistemi come la Apple TV, o simili.
- Il riassunto di tutti i punti precedenti è in un punto solo: la relazione fra hardware (STB e consolle) e software segnerà davvero, a mio modestissimo parere, il vero successo di Joost.
Il progetto di iptv dei creatori di Skype, fino a ieri conosciuto col codename di The Venice Project, da oggi ha un nome e un sito web definitivo: Joost.
Sul sito sono disponibili vari screenshot di questo software ancora in beta chiusa e quindi non disponibile a tutti. Si spera che la beta venga estesa rapidamente, siamo in molti ad essere curiosi di provare quello che promette di essere la soluzione all’annoso problema del non poter avere contemporaneamente il meglio dell’esperienza di streaming e il meglio dell’esperienza del download dei video. Joost usa una tecnologia basata sul peer-to-peer per distribuire canali video full screen come in una normale tv, ma con tutto il possibile armamentario di social applications disponibile ad oggi. I primi screenshot per gli sfigati (come me) che ancora non hanno potuto provare l’esperienza diretta del software, danno la chiara sensazione del concetto di una TV simile ad un gioco mutiplayer (tipo Second Life, per capirci). Immagini a tutto schermo e varie funzionalità disponibili on screen.
Sono curiosissimo, invitatemiiiiii!