Un’interessante post di Anna Zelenka su GigaOM discute la possibilità che il proprio blog basato su un’installazione di WordPress (e aggiungerei, qualunque altra presenza strutturata personale in rete) possa diventare un nodo di quel social networking distribuito di cui tanto si discute in questo periodo (vedi The Social Graph problem di Brad Fitzpatrick), citando gli esperimenti di Steve Ivy (vedi DiSo) per esporre la propria contact list verso altre community.
In sostanza, perchè registrarsi in duecentomila social network e ogni volta riaggiungere i propri amici? (citando Brian Clark, “è come ristrutturare la cucina di una casa in affitto”). Beh, la risposta (shortsighted) è semplice: ogni social network tira acqua al suo mulino. Ma in effetti, cosa succederebbe se io potessi partire dalla mia identità online rappresentata per (buon) esempio da un blog, e potessi associare la mia identità (open ID, amici, ecc) a vari social network? Succederebbe che l’attività di social networking sarebbe in generale più elevata, e che il focus di ognuno di essi sarebbe il contenuto e il plusvalore offerto. Il numero di utenti “associati” conta quanto il numero di utenti “registrati”, quindi il tema della patrimonializzazione del proprio asset è salva; inoltre, la social network portability risolverebbe la barriera d’ingresso della registrazione e dell’avvio della propria attività in ogni nuovo luogo virtuale.
Certo, è possibile che un approccio di questo tipo finisca col privilegiare le community fortemente tematizzate (come Last.fm) a danno di quelle più generaliste (Myspace, Facebook), ma mi pare difficile riuscire a contrastare un fenomeno che da’ la sensazione seria di voler prendere piede e di diventare quello che già si chiama web 3.0.