Beh, vabbè… alla fine la mia chiamata ai dieci motivi per cui vale la pena di vivere ha scatenato una ridda di commenti, (click qui per un’occhiata veloce). Ci ritorneremo sopra.

Tornando al fatto che ho smesso di fumare (sì, lo so, sto diventando noioso, ma credo che tutti gli ex fumatori del mondo siano così i primi dieci giorni), ciò che lo rende davvero arduo è il fatto che non è qualcosa che si deve fare, nè qualcosa che non si deve fare ma qualcosa che si deve non fare. Ciò lo rende una trappola molto più rischiosa. Immaginate: io fumavo circa 15 sigarette al giorno, qualche volta mi sparavo un pacchetto (20), ma solo in giornate particolarmente stressanti. Ora, rinunciare a fumare significa esercitare uno sforzo di volontà per ogni sigaretta a cui si rinuncia (stillicidio) e, per i primi giorni, lo sforzo di rinuncia della prima sigaretta si va a sommare a quello della seconda, raggiungendo il culmine dello sforzo Wagneriano al 5 giorno. Poi fortunatamente la parabola inizia a discendere (e meno male, altrimenti era IMPOSSIBILE smettere senza ipnosi!), e, molto lentamente, lo sforzo diminuisce. Ma poi è finita? No, niente affatto. Si mormora infatti che la voglia ( malefica) abbia degli improvvisi picchi temporizzati: tipo dopo due mesi, ma anche sei mesi, salta fuori in tutta la sua inaspettata violenza (quella del quinto giorno, per intendersi) sotto forma di “sei stato bravo, ora ti meriti un premio…”. Maledetta. E lì si cade… ci sono cadaveri in tutto il pianeta. MA IO CE LA FARO’. PERCHE’ IO SONO PIU’ FORTE.