Tre pezzi di stoffa

Se vent’anni fa mi avessero detto che un giorno avrei guardato la bandiera dell’Italia con un piccolo, quasi impercettibile fremito di orgoglio, non ci avrei creduto. Non sono mai stato nazionalista, ho sempre creduto nel superamento dei confini geografici, politici, culturali, di quelle pesanti pareti dentro cui il nostro provincialismo ha prosperato, e continua a prosperare a tutto vantaggio di pochi speculatori. Ma ho da tempo fatto pace con le mie radici, e da tempo vivo una stancante condizione di amore per il paese in cui sono nato e cresciuto, misto a odio per una scatola di latta e cartone da cui non si riesce ad uscire (per incapacità, o forse per volontà).

È per questo che non guardo più con ostilità quei tre pezzi di stoffa verticali colorati, ed è per questo che ho ancora una pallida speranza di poter vedere gli abitanti di questo paese capire, una volta per tutte, che elevare a monarca la rappresentazione simbolica di tutte le nostre peggiori inclinazioni soltanto per giustificare la nostra indolenza, significa distruggere la nostra stessa vita quotidiana. Svegliamoci, santiddio. Altrimenti fra altri 150 anni non solo non ci sarà più l’italia, ma ci saremo divorati il fegato l’un l’altro.

Perchè YouTube potrebbe essere il miglior framework per le TV connesse, ma non lo è.

(Da PlayTheTV) Qual’è il più usato, conosciuto e implementato servizio internet video al mondo? Ok è facile: è YouTube. E’ un sito web dal 2005, ma è anche un servizio internet implementato in praticamente ogni dispositivo connesso dell’universo. . Si può trovare YouTube su Roku, Boxee, Apple TV, WDTV live, (quasi) tutti i lettori blu-ray e i TV connessi, vari decoder IPTV, ecc. Si potrebbe quindi pensare che YouTube sia il perfetto framework pervasivo per distribuire i contenuti video indipendenti (o dei propri clienti) su qualunque tv connesso. Ma ci sono un paio di ragioni per cui non è come dovrebbe (o potrebbe) essere: la mancanza della possibilità di sottoscrivere canali, e la carenza delle caratteristiche di condivisione.

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Una strategia di marketing per i brands basata sul video online

(da PlayTheTV) Ci sono opinioni secondo le quali la vera tv interattiva è di fatto soltanto su terminali mobili, perchè le app su tv sono complicate e difficili da trovare e usare, e l’attuale caos dei terminali non è d’aiuto. Questo può essere vero al momento, ma quando parliamo di definire un approccio per una strategia di marketing basata sul video online, non possiamo semplicemente ignorare un contesto in crescita che potrebbe avere una improvvisa accelerazione nei prossimi mesi. E’ quindi una buona idea iniziare ad affrontare terminali mobili e tv con una coerente user experience. Ecco quindi qualche consiglio – mi auguro utile – per iniziare.

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Condividere una clip da una diretta TV – Un concept

(Da PlayTheTV) Quante volte avete desiderato poter condividere una clip da un flusso video in diretta? Un’azione di una partita di calcio, o una battuta di un politico o di un attore? La vedi, ti piace, e vorresti poterla condividere immediatamente. Quello che segue non è niente di più di un proof-of-concept di come questa app potrebbe funzionare facilmente attraverso un semplice telecomando.
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Ottimizzare siti per Google TV

(da PlaytheTV) Google sta ancora cercando di definire identità e strategia di mercato della sua a try at defining its Google TV dopo che i principali broadcasters USA hanno bloccato l’accesso alle versioni online dei loro programmi, e lo specifico Android Market deve ancora essere lanciato (con alcuni rumours in circolazione). Google TVL’ipotesidi adozione di un processore ARM potrebbe essere un’ottima soluzione per tagliare il prezzo degli STB con Google TV installato, e per farne un completo device Android, ma nel frattempo Google tenta di “televisionizzare” il contenuto web lanciando il Google TV Web Site Optimization Resources, un completo toolbox per ottimizzare siti per la visione attraverso Google TV.

Il toolbox è semplice e ben fatto, con consigli, linee guida, esempi di codice e una ottima UI library per facilitare i web designers nella progettazione di una versione ottimizzata per Google TV del proprio sito. Non sono un grande fan del paradigma “web-alla-tv”. Continuo a pensare che qualunque strumento coinvolga una tastiera e la digitazione di URL rende l’esperienza troppo simile ad un limitato PC, essendo il “fattore divano” l’unico differenziale premiante. In ogni caso val la pena di tenere gli occhi su questo prodotto per capirne l’evoluzione, e magari intanto dare un’occhiata ai primi siti ottimizzati: il sito all news Al Jazeera e lo shop Net-a-porter.

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Dignità

Uno dei ricordi più vivi di mia nonna Clara, era il modo in cui faceva a pezzi piccoli il pane avanzato a pranzo e a cena, e lo metteva in un cassetto sotto al tavolo della cucina. Quel pane la mattina dopo veniva immerso nel caffellatte e ammorbidito per poter essere mangiato. E quello che avanzava anche al rito mattutino, si trasformava in pangrattato e ci si cucinava. Mia nonna cuoceva l’insalata non più fresca abbastanza per essere mangiata cruda, e comprava e portava a tavola la carne con rispetto. Quando un giorno di vent’anni fa le dissi “Nonna, io non mangio più carne, sono diventato vegetariano”, mi guardò con aria molto preoccupata e mi disse “fijo mio, e che te magni mo’?”

Mia nonna chiedeva sempre a mio nonno Giulio cosa voleva mangiare per pranzo e per cena. E dopo pranzo gli portava il caffè nel bicchierino di vetro, mentre lui, seduto di spalle alla bella finestra di Testaccio che dava sul Tevere, fumava le sue Gauloises senza filtro. Mio nonno accompagnava mia nonna ovunque lei desiderasse, persino in chiesa la domenica, dove però non entrava. Preferiva andare al club della Roma in via Giovanni Branca, dove discuteva animatamente della domenica calcistica, di Berlinguer e di Andreotti. Qualche volta andavo con lui, e mi piaceva tanto ascoltare il suo vocione tonante con cui parlava dei furti della Juventus o delle “ganasse” dei cardinali. “La cariola co la rota quadra, ve ce vorebbe. Sti quattro mascarzoni, ladri, delinguenti” Poi tornava a prendere mia nonna fuori dalla chiesa, e a passo lento, sottobraccio, se ne tornavano a casa insieme. La camicia perfettamente stirata, con le iniziali ricamate a mano.
I rumori della guerra ancora nelle orecchie.

Una vita da operaio ancora sulle spalle.

Una dignità che non dimenticherò mai.

(Ho pianto, scrivendo queste parole. Si vede che ho fatto bene a scriverle.)

(e grazie a Sir Squonk, che ogni hanno mette insieme i pensieri di tante anime. Perse o ritrovate)

La Lega ha strappato il sol dell’avvenire

E così anche oggi, come in qualunque day after di qualunque elezione, si sgranano i rosari delle percentuali. Qualcuno cerca ragioni di esultanza, altri cercano capri espiatori, altri cercano sostegni numerici alle riscosse politiche. Ma ci sono alcune verità che sono sotto gli occhi di chiunque decida di non serrarli: il PD campicchia, Il PDL cala parecchio al Nord, ma soprattutto la Lega ha fatto il botto in più di mezza Italia. E il tema del referendum sulla persona Berlusconi rimane sullo sfondo, un po’ sfuocato.

Il premio al localismo della Lega ci dice che la gente non ne può più dei referendum su Berlusconi, perchè non è lì il problema. Queste migliaia di persone delle province lombarde, venete, piemontesi, emiliane vanno in massa a votare un partito che ha un progetto chiaro in mente, e che parla delle loro case, degli angoli delle loro strade, lì dove la politica è scomparsa da tempo, dove certamente la televisione mistificatrice del cinismo Berlusconiano nutre la paura di tutto ciò che è “altro”, restringe gli orizzonti e concentra l’attenzione sull’eterno oggi, ma altrettanto certamente c’è qualcuno che tutti i giorni si fa il mazzo per riempire il vuoto dei sogni, raccontando credibili prospettive a lungo termine di piccoli mondi migliori, fatti di piccole comunità autosufficienti al riparo dalla globalizzazione e dalla violenza del mondo marcio, brutto e cattivo.

Certo, è probabile che Lega e PDL siano al punto di equilibrio per cui da ora non potranno che mangiarsi l’un l’altro. Ma se dall’altra parte non ricominciamo in fretta a dipingere chiare alternative possibili e realistiche, che tengano conto con serietà dei VERI bisogni, delle VERE paure, e del VERO vocabolario di strada della VERA gente, allora non rimarrà che il deserto. Altro che sol dell’avvenire.

Santoro, Grillo, e la riduzione del raccontabile

Anche io, come tanti, ieri sera ho seguito Raiperunanotte, apprezzandone i risultati. E anche io, come tanti, sono convinto che l’intera operazione passerà alla storia. Non tanto per i numeri degli “accessi contemporanei” su web (tutti da dimostrare, e anche fossero veri, comunque poco rilevanti in senso assoluto), nè per l’inesistente potenziale politico sul breve termine (come diceva Gilioli), quanto piuttosto per due ragioni anche ovvie: la dimostrazione della possibilità concreta di rompere la muraglia del controllo tv e costruire un evento mainstream di successo anche senza RAI e MEDIASET alle spalle, e l’effetto virale scatenato sulla rete delle clip tratte dallo show, che solo oggi (il giorno dopo) sono diventate immediatamente una grammatica d’interazione dal grandissimo potenziale di fermentazione su tutti i social network.

Ma c’è un’altra riflessione, che merita secondo me di esser fatta. Ieri erano radunati da Santoro (presenti o in video) un buon numero di esperti e veri giornalisti, e cito Travaglio, Jacona e la Gabbanelli su tutti. Ebbene, Jacona nel suo intervento ha parlato di “progressiva riduzione, compressione del raccontabile”, una straordinaria espressione che mi pare dica davvero molto di quel che c’è da dire sullo stato della società e del giornalismo italiano.

Ascoltando questa considerazione di Jacona, non ho potuto fare a meno di pensare alla nefanda avventura del video in cui Mercedes Bresso sembrerebbe augurare la morte ad una signora, malamente manipolato (da chissà chi) e sparato ovunque da Grillo e dai suoi seguaci (e sconfessato dallo staff della Bresso con un’altra ripresa, vedi qui il confronto, qui la storia raccontata da Mantellini).

Ora, se il cosiddetto “potenziale informativo della rete” emerge come sostituto degli esperti raccontatori di storie, nel rifutare la realtà impacchettata e celestina delle televendite Berlusconiane rischiamo di affidare il nostro orizzonte di conoscenza sociale ad un gran numero di hobbysti (fra cui un gran numero di imbecilli), il cui pseudo lavoro, che consiste nel giocare con movie maker per manipolare la realtà pensando in buona fede di raccontarla, non è altro che funzionale a questa costante e progressiva “riduzione del raccontabile”. E più il raccontabile si riduce, più stupidaggini circolano in rete, in un loop devastante che annulla qualunque tentativo di fornire alle menti in trance di troppi italiani un quadro chiaro del paese in cui vivono.

Che siano sulla RAI o che siano altrove, i raccontatori di storie, quelli veri, quelli che sanno che la realtà va interpretata per renderla comprensibile, quelli che sanno che una vera inchiesta non si fa sbattendo un telefonino indignato di fronte a persone indignate, sono vitali per una democrazia, e vitali per la costruzione di un proficuo e utile tessuto di reporter diffusi. Senza la loro sintassi a fare da guida, non si amplia il raccontabile, si limita a sguazzare nella fanghiglia che rimane disponibile.

5 appunti per un focolare catodico 2.0

Ho letto con molto interesse la nota dell’amico Antonio Pavolini scritta a margine della presentazione del libro di Giampaolo Colletti “le TV fai-da-web”. Antonio analizza con grande lucidità le ragioni per cui nel nostro paese non si usa Internet “a due vie” , e chiude con una punta di rammarico:

E’ una occasione perduta, perchè è proprio sfuggendo alla logica e ai meccanismi narrativi della tv che ci ha condizionato per tanti anni, sperimentando nuovi linguaggi e liberandoci una volta per tutte dall’ossessione di controllare un palinsesto di flusso (a organizzarlo, se proprio è necessario, ci pensano gli utenti stessi) che si può fare della micro web tv uno strumento in grado di “fare massa critica”

Non lo contraddirei, non è sbagliato, come non è sbagliato considerare come occasione perduta un giorno d’estate piovoso. Il punto è: poichè piove, e al mare non possiamo andare, che vogliamo fare?

Il nostro paese, forse meno di altri paesi europei (ma verificherei prima), è incrollabilmente ancorato alla tv di flusso. Tutto il video italiano che ruota nella rete si può considerare “di risulta” dalla presenza ingombrante dei palinsesti raiset: stralci di tg e talk show stracommentati, reportage che fanno il verso ai servizi del tg, comici e ballerini improvvisati che si esibiscono davanti alle webcam sperando di fare il colpaccio e finire in show come “Amici”. La rete è l’anticamera, o la camera di decompressione, della tv. Basta ricordare il panico che si è creato nei giorni di switch off verso il digitale terrestre, per rendersi conto che il monolite del rituale casalingo non cambia, e non è mai cambiato negli ultimi 50 anni. Possiamo lamentarcene, certo, ma se vogliamo innovare davvero, o almeno tentare di accelerare un lentissimo e pericoloso processo di decomposizione della tv di flusso (evitandone i pericolosi colpi di coda), dobbiamo chiederci cosa fare stante la situazione attuale, non limitandoci a costruire operazioni alternative di nicchia destinate a rimanere nella nicchia. E secondo me, le linee guida sono sostanzialmente cinque.

  • Sorvegliare l’integrazione fra televisore domestico e internet
    E’ meno banale di quel che si possa pensare, perchè è proprio sul divano di casa, e accanto al tavolo della cucina, che si gioca la partita, e il rischio dei “walled garden” è altissimo. Bisogna seguire gli sviluppi di questo processo, e premere dal basso per la maggiore standardizzazione possibile.
  • La qualità fa la differenza
    Oggi basta attaccare un telefonino a Livestream, ed ecco qua il tuo programma tv in diretta, ma anche il modo migliore per uccidere creatività e interesse intorno all’audiovisivo su web. Il fatto che sia facile non vuol dire che funzioni bene, e gli utenti/spettatori la differenza la vedono eccome! Da operatori nel settore, bisogna essere intransigenti su questo, non importa se passiamo per rompiscatole ossessionati dalla qualità, ma c’è una soglia minima sotto la quale è meglio non fare. RIcordiamo che produrre audiovideo di qualità non costa tanto, a volte la differenza è solo la competenza. E l’incompetenza uccide scenari e mercati.
  • Diretta: il qui e ora
    Nonostante si parli normalmente di video on demand come cardine della fruzione audiovisiva su web, trasmettere in diretta ha alcuni vantaggi ineludibili nel contesto a cui siamo abituati: il meccanismo di amplificazione dato dai media tradizionali, più forte nel caso di eventi legati ad un preciso momento temporale, e l’idea stessa di evento come elemento catalizzatore dell’attenzione degli spettatori. L’idea di ondemand è più forte se la si considera come “soluzione-per-rivedere-l’evento”. Inoltre, è più facile associare soluzioni innovativi di interazione realtime, per far entrare nell’uso comune l’idea dell’internet a due vie.
  • La scrittura della serialità
    Se da una parte è vero che l’attenzione su web tende a decrescere su prodotti seriali, la capacità autoriale di scrivere per la serialità è anche la migliore medicina per far entrare nell’orizzonte quotidiano un format di qualsiasi tipo. Bisogna solo farlo bene.
  • VIPS on the rocks
    E’ una vecchia storia, ma sempre vera: quando c’è un “nome” (conduttore o ospite che sia), il 50% del successo è assicurato.

Si tratta solo di qualche spunto, discutibile e integrabile. E sono cose forse più facili da dire, che da fare. Ma sono abbastanza convinto che per fare seri passi avanti nella direzione dell'”audiovisivo a due vie” non possiamo trascendere dalle abitudini consolidate: ricordiamo che uno dei proverbi più amati in questo paese è “chi lascia la via vecchia per la nuova, sa che cosa lascia, ma non sa che cosa trova”.

Giornalismo e Betacam da 20Kg

Ho finito da poco di ascoltare, in diretta su Sky, la puntuale ricostruzione cronologica da parte di Berlusconi degli eventi del famigerato giorno di presentazione delle liste. Al di là della ricostruzione vera e propria, puntuale e precisa ma non per questo necessariamente vera, durante le insignificanti domande di alcuni giornalisti, un individuo ha protestato vivamente per ragioni non chiare poichè l’audio ambiente non veniva ripreso dalla telecamera di Sky. Si sono sentiti chiaramente invece gli insulti di Berlusconi che lo trattava come un mentecatto provocatore indegno di avere il microfono e la parola. Non si sa quindi se si trattava di un giornalista a cui non è stata data la parola, o un semplice cittadino indignato che protestava ad alta voce.

Ne è seguita una gazzarra proseguita anche al termine della conferenza stampa, il cui contenuto era assolutamente inintellegibile dalla trasmissione su Sky, poichè l’operatore attestato su cavalletto con la sua Telecamera Betacam da 20Kg si è potuto limitare a riprendere un totale con una selva di teste fra cui La Russa, Verdini, il giornalista accusato di essere un disturbatore, e una serie di telecamere grandi e piccole che riprendevano ciò che potevano per documentare la situazione.

Mentre assistevo a questo nulla trasmesso da Sky, riflettevo sul fatto che le esigenze qualitative di un grande network televisivo non si conciliano con la copertura integrale di uno spazio in cui si svolge un evento (eccetto per le partite di calcio dove le 10/12 telecamere presenti sono in grado di documentare tutto ciò che accade sul campo e fuori), con il risultato che la lettura offerta non coinciderà mai con quanto è davvero accaduto. In questo caso, come in molti altri, non abbiamo avuto risposte a varie domande importanti: chi era l’uomo che protestava? Cosa voleva dire? Quanti giornalisti erano presenti in sala? Ce n’erano altri che avrebbero voluto parlare e non gli è stato consentito?

Ecco, non potendo per ovvie ragioni coprire ogni conferenza stampa, ogni manifestazione, o ogni altro evento con le 10 telecamere utilizzate per le partite di calcio, viene da pensare che una selva di handycam in grado di coprire efficacemente uno spazio, pur non garantendo la qualità coerente con le esigenze di un network, potrebbero raccontare molto più efficacemente un evento dai vari punti di vista necessari per avere un quadro chiaro della situazione.

Sono certo che frammenti audiovideo di quello che è accaduto durante questa conferenza stampa saranno presto disponibili su youtube (di camere di piccolo/medio formato più vicine al luogo della discussione ce n’erano diverse), e non ci vorrà molto a scoprire chi era e cosa voleva quel giornalista infuriato, ma si tratterà per l’appunto di frammenti, che dalla grande massa di persone verranno raccolti in modo ugualmente decontestualizzato, come se appartenessero a eventi diversi.

Altro effetto di informazione (e di giornalismo) produrrebbe invece una testata autorevole che segua gli eventi piccoli e grandi con tre o quattro videomaker rapidi e leggeri, in grado di garantire una copertura “a zona” per fornire al pubblico la lettura completa di ciò che avviene durante un evento, invece che con una pesantissima telecamera fissata su un cavalletto e collegata all’audio istituzionale.