Ho dato una scorsa veloce al PDF delle bozze del decreto Agenda Digitale Italiana, rilasciato ieri da Techeconomy, la cui lettura approfondita non è ovviamente agevole senza confronto con le leggi che si propone di emendare, e senza essere avvezzi al linguaggio. Non entrando quindi troppo nel merito, e al netto di aspettative clamorose (continuo a pensare che è meglio mezzo passo avanti che sette indietro), mi pare si profili una particolare attenzione alla sburocratizzazione per la realizzazione di opere infrastrutturali, l’introduzione di nuovi (per noi) concetti relativi alla digitalizzazione scolastico/universitaria e sanitaria, e il sostegno a progetti di ricerca di interesse nazionale. Da qui all’attuazione il passo è tutto tranne che breve, ma tant’è: meglio mezzo passo, eccetera.
Ma è per quanto concerne il mondo delle PMI che il mezzo passo, più che avanti, mi pare obliquo.
L’introduzione di un contributo di MILLE EURO (!) alle imprese che intendano avviare attività di commercio elettronico mi pare francamente una presa per i fondelli, a meno che non sia un segnaposto da rivedere, ma anche in questo caso, il contributo una tantum a perdere, che sarebbe comunque inevitabilmente basso, credo sia davvero poco utile. Per quanto si possa ricorrere a software open source, l’avviamento di un servizio di e-commerce competitivo, anche di piccola dimensione, richiede soprattutto un investimento culturale e organizzativo che andrebbe affrontato credo in modo completamente diverso. Potrebbe ad esempio aiutare (e in ultima analisi costare di meno con un po’ di economia di scala) un servizio pubblico di consulenza sullo startup.
Inoltre, la detassazione sul primo anno di attività e-commerce sembrerebbe limitata ai ricavi da vendite internazionali. Perchè? Okay l’esportazione, ma lo stimolo della domanda è altrettanto importante dello stimolo all’offerta, e giocare la detassazione in casa potrebbe avere un discreto risultato sul PIL.
(la foto è di Jared Zammit, CC.)