K-logs, anyone?

Leggo su Blog Notes di Giuseppe Granieri un interessante excursus su vari punti di vista relativi all’utilizzo del blog come strumento di knowledge management o aziendale tout court. Tra esperienze dirette e riflessioni teoriche, emergono un paio di dati interessanti. Il primo è che l’anonimato sarebbe certo l’unico metodo per garantire la circolazione trasparente dei punti di vista all’interno dell’azienda. Il secondo è che l’introduzione di uno strumento di questo tipo potrebbe esser malvista dalla base dei dipendenti:

“Ma va a cagher… Io che ora mi metto a scrivere e dare la mia opinione!!?? Ma se non scrivo dal Liceo e facevo anche dei temi orrendi… Suvvia lasciatemi inserire i miei soliti dati nell’archivio e non interpellatemi che mi sfasciate solamente i maroni… “
via OninO

Il terzo aspetto (che leggo come punto di vista di Granieri) è ben riassunto dalla frase:

Ma quante aziende, storicamente, sono preparate a gestire (al proprio interno) un continuo confronto propositivo in cui il ruolo è subalterno alla competenza, alla capacità o alla creatività reale?

Sul primo punto direi che la funzione destabilizzante dell’anonimato, di cui si può approfittare anche per togliersi grossi sassi dalle scarpe (“il dirigente xyz mi ha quasi tagliato la strada stamattina con la sua BMW, ora mi vendico col k-log”), paradossalmente potrebbe trasformare il sistema in uno straordinario strumento di controllo basato sulla delazione (lo potremmo chiamare Baath, suona pure bene), riducendo ben presto l’azienda a una Supernova. Sui punti due e tre mi sembra di riscontrare un errore di fondo su cui mi soffermerei un attimo.

Il blog è come tritolo. Si può nichilisticamente usare per distruggere, per dominare, per destabilizzare, ma anche per costruire una galleria attraverso la tecnica delle esplosioni controllate, che certamente possono essere pericolose, ma non più di qualsiasi altra cosa (strisce pedonali incluse).

Recentemente in una scuola con cui collaboriamo, abbiamo avuto modo di implementare 4 workshops riunendo i ragazzi (tutti tra i 19 e i 20 anni) in team di 3-5 unità. L’obiettivo era quello di simulare una vera e propria attività aziendale utilizzando tradizionali strumenti di project management: realizzare il prodotto, ma anche e soprattutto pianificare, documentare, risolvere criticità. Bene, già convincere ragazzi di quell’età a lavorare in team suddividendo compiti e reponsabilità è risultata un’impresa quasi titanica, per via dell’endemica attitudine culturale all’individualismo e al solipsisimo generata dai modelli contemporanei (attenzione, stiamo parlando della prossima generazione di impiegati….). Figuriamoci poi quando si è trattato di chiedergli di sfruttare buona parte del loro tempo per fare analisi, tracciare workflow, scrivere documentazione, assumersi responsabilità, essere proattivi, dimostrare su carta il valore di certe scelte: ci si riesce a fatica dopo 12 anni di esperienza aziendale!

A quel punto decidemmo che forse la soluzione migliore per provare a gestire il flusso di lavoro poteva essere quella di metter su un blog per ogni progetto. I ragazzi avrebbero dovuto preoccuparsi di tenere traccia, in un diario delle attività quotidiane, di problemi tecnici e criticità riscontrate e risolte (o meno), dello stato d’avanzamento dei lavori, delle problematiche di relazione. L’obiettivo finale sarebbe stato quello di fludificare la comunicazione, attivare una knowledge base dell’istituto a cui attingere nel futuro, ma soprattutto tenere traccia dell’andamento dei progetti in modo non molto dissimile dalla Version History di quasi tutti i software esistenti.
Purtroppo per varie ragioni tecniche abbiamo sospeso l’attività ripromettendoci di riavviarla a Settembre, ma le primissime indicazioni sono state confortanti. I ragazzi sono abituati a essere sintetici (SMS generation…) , scrivere li aiuta a capire i problemi, l’ordine decrescente dei contenuti li aiuta a posizionarsi temporalmente in modo più automatico, quasi istintivo, per non parlare poi dell’aggregazione possibile dei dati (RSS, ma anche XFML) che risolverà presto anche problemi quantitativi.

Il blog rappresenta uno strumento formale per contenuto destrutturato, ed è questo suo aspetto che secondo me lo ha reso così popolare, e che può renderlo uno strumento ideale in un azienda, specialmente nell’ottica del task management nell’ambito di un progetto. L’errore credo sia considerarlo nell’ottica di spina dorsale del KM aziendale, peggio ancora se gestito individualmente / emotivamente, invece che a livello di team. Ritengo che in questo modo, e sperando in una rapida affermazione delle tecnologie rivolte al web semantico (Topic Maps e Ontologie in primis, ma basta già vedere le interessanti applicazioni pratiche di XFML), il blog può davvero rappresentare un’insostituibile strumento per mappare concettualmente le basi di conoscenza di un’azienda. Cominciando pian piano.

Per concludere, sul blog di Louis Rosenfeld c’è un post che discute l’argomento, contenente parecchie risorse sui k-logs.

1 Comment

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  1. Mi sembra che tutto sommato diciamo la stessa cosa. Il blog ha senso nell’ambito di un progetto (e se il numero di persone coinvolte &#232 contenuto, aggiungo io).

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