Cara Domitilla,
sono uno dei lettori a cui ti sei rivolta nel tuo libro “Due gradi e mezzo di separazione”. Sai, all’inizio mi ha stupito il tuo parlarmi direttamente dandomi del tu, un po’ come quando in un film un attore si gira all’improvviso verso la cinepresa guardando negli occhi lo spettatore. Hai presente quel misto di imbarazzo e curiosità, come se improvvisamente fossimo colti in flagrante a spiare le vite degli altri? Ecco, qualcosa del genere. Ma poi, dopo qualche riga, dopo qualche pagina, non mi è stato difficile accettare il gioco, e sentirmi coinvolto in prima persona nel tuo ragionamento. E hai rischiato di brutto, vorrei dirti: e se io avessi concluso che 181 pagine in cui ti rivolgi a me parlandomi di così tante cose, sono un pistolotto insostenibile? Ma il fatto è che hai molto a cuore le cose di cui parli, che sono evidentemente il frutto di una tua esperienza diretta e molto personale, e questo rende il tuo libro tutt’altro che paternalistico o saccente. Anzi.

È per questo che mi sono ritrovato a leggerti quasi senza accorgermene, come se le parole del libro fossero una voce, che davanti a un cappuccino di mattina presto mi illustra senza presunzione il senso del networking nell’era di internet. Cosa mi ha colpito, mi chiedi? Posso dirti con certezza che le tue parole mi hanno spinto soprattutto a farmi delle domande. Vivo immerso nella rete da molti anni, esserci è un po’ il mio mestiere, ma leggendo il tuo libro mi sono chiesto più di una volta se posso migliorare il mio modo di relazionarmi agli altri, o il modo in cui racconto le mie competenze e le mie storie. Forse si, anzi ne sono certo. Sai com’è, si corre tanto, spesso si spreca tempo a far cose poco utili sia per sé che per gli altri, ed è difficile prendersi una pausa e guardare tutto da una prospettiva diversa. Beh, certo che lo sai, in fondo è ciò di cui parli nel libro, insieme a diversi consigli utili per provare a cambiare approccio, ad elevare la qualità del proprio tempo condiviso.

Comprendere il significato dell’essere un nodo della propria rete è più complicato di quel che sembra, ma più semplice di quel che si teme. In fondo è sufficiente abbandonare la tentazione di parlare senza ascoltare, di mettersi al centro della propria rete o, peggio, di quelle degli altri, e il resto viene (quasi) da sè. Adesso per esempio ho scelto di prendermi pochi minuti per donarti una piccola risposta alle tue parole, per raccontarti che hanno colpito nel segno anche un vegliardo come me. Com’è che dici tu?

“La rete si crea soprattuto grazie alla stima che confessiamo di avere per l’intelligenza di quelli che decidiamo di includere nella nostra vita”

Un saluto, e a presto, magari per un caffè.