Mentre mi trovo costretto a reinstallare l’OS sul mio PC solo perchè la Microsoft ha pensato bene di rilasciare una versione killer delle Direct X, trascorro il tempo abbandonato al dolce suono del floppy che carica l’installer facendo alcune riflessioni sul mio mestiere, scaturite dalla lettura dei vari interessanti articoli pubblicati su questo numero di Idearium.
Io sono un Information Architect, e al di là dell’etichetta questo è ciò che faccio da molti anni, che sto cercando di fare nonostante la crisi, che amo fare, che vorrei continuare a fare. E che facevo anche quando lavoravo in TV; il grosso del mio tempo lo passavo davanti ad un lettore Beta e ad un monitor, circondato da decine e decine di nastri (alcuni magari preparati anche da me, tipo interviste, o girato vario), con l’obiettivo di organizzare (ancorchè in modo lineare) un’architettura coerente e logica per esporre volta per volta idee, concetti, storie. Poi si andava in sala di montaggio con questa struttura su carta, e la si creava su nastro. E quasi sempre mi trovavo a dover fare tutto ciò in tempi surreali, inesistenti. A causa di questo piccolo problema, ho imparato nel corso degli anni a sviluppare una specie di sesto senso, simile (ahimè, molto alla lontana) alla capacità di John Nash di vedere la connessione logiche fra elementi eterogenei o eteronimi, aiutato anche dal mio tipo di cervello, più propenso all’intuizione che alla deduzione. Inutile dire che al mio primo confronto con il web e con il multimedia in generale (’95 o giù di lì) mi sono sentito a casa. Ok, evviva, bravo, complimenti, applausi. Tuttavia, se dovessi raccontare di lavori per i quali vado particolarmente fiero, farei davvero davvero fatica. Perchè? Semplice: ho passato la maggior parte del mio tempo a mettere toppe. A cercare il male minore. A salvare il salvabile. Direte voi: certo, hai trafficato con piccole società che non avevano la capacità culturale di cogliere il senso di certe proposte. Eh eh… se dovessi raccontare!Ora, il sospetto è: forse anche questa mediazione è un’impronta forte di questo mestiere. Quanti talenti ci saranno dietro a progetti web apparentemente appena passabili? Certo, la misura del risultato ha il valore che ha. Ma quanto conta lo spazio che l’Information Architect ha avuto (o ha saputo conquistare) dal cliente? Nella mia carriera ho avuto soddisfazioni morali (distruggendo e rimontando siti famosissimi e ricevendone in cambio solo molti complimenti, e i siti son rimasti com’erano), soddisfazioni personali (piccoli invisibili capolavori di ingegno che hanno risolto problemi irrisolvibili), e soddisfazioni visibili (l’architettura di un grosso lavoro multimediale per conto dell’Istituto Centrale del Restauro, ad esempio), ma il raffronto in termini quantitativi non regge. La morale? Ricordiamoci che ciò che critichiamo non è necessariamente frutto di chi ci mette la firma, anzi. Ma impariamo a criticare pubblicamente gli errori pesanti, perchè prima o poi si formeranno dei criteri obiettivi, e gli incompetenti assoluti forse cambieranno finalmente mestiere. Teniamo a mente che il nostro paese non è ancora pronto per riconoscere un certo tipo di professionalità (anche perchè mancano strumenti obiettivi di misurazione della stessa). Ma lavoriamo anche gratis per diffondere conoscienza e imparare gli uni dagli altri.Ecco, giusto giusto il tempo di installazione di Windows. Pensa un po’.