Non ho visto il programma di Celentano per varie ragioni: gli eventi mediatici mi nauseano quasi subito, e poi non ho mai sopportato Celentano e il suo predicare inutili banalità. No, non ho visto il programma, ma le reazioni automatiche e già scritte (contro per forza o a favore per forza) mi hanno messo una grande tristezza.

Sul fatto che la televisione in questi quattro anni sia stata massacrata a colpi di censura e di imbarbarimento volontario, mi pare ci siano pochi dubbi in chiunque abbia ancora un minimo di capacità di intendere e di volere; ma che si debba a questo rispondere in modo così scomposto e inelegante come sembrerebbe esser successo durante la trasmissione lo trovo un gigantesco autogol, iniziato con le ambigue dimissioni da parlamentare europeo (anche fossero solo apparantemente legate alla partecipazione al programma).

Ecco, in questo senso, trovo che le parole di Cotroneo sull’Unità siano assolutamente condivisibili:

Celentano che va oltre il semplice programma televisivo, e va fuori dai canoni dell’intrattenimento, un europarlamentare che prima di tutto è un giornalista televisivo che esasperato finisce per dare la sensazione, certo sbagliata, di dimettersi per gestire il proprio rilancio attraverso i milioni di spettatori di Rockpolitik. E alla base di tutto questo questa ambigua democrazia televisiva che oscilla pericolosamente da un Porta a Porta di Bruno Vespa alla Repubblica anarchica e carismatica dove impera e officia da gran sacerdote l’ex molleggiato. Per fortuna ormai sappiamo che fuori da questi deliri mediatici in cui anche Santoro, volente o nolente, è finito, c’è un paese reale, che si mette in fila anche per le primarie, che vuole una democrazia chiara e semplice, che si è stancato di proclami e di apprendisti stregoni.