5 appunti per un focolare catodico 2.0

Ho letto con molto interesse la nota dell’amico Antonio Pavolini scritta a margine della presentazione del libro di Giampaolo Colletti “le TV fai-da-web”. Antonio analizza con grande lucidità le ragioni per cui nel nostro paese non si usa Internet “a due vie” , e chiude con una punta di rammarico:

E’ una occasione perduta, perchè è proprio sfuggendo alla logica e ai meccanismi narrativi della tv che ci ha condizionato per tanti anni, sperimentando nuovi linguaggi e liberandoci una volta per tutte dall’ossessione di controllare un palinsesto di flusso (a organizzarlo, se proprio è necessario, ci pensano gli utenti stessi) che si può fare della micro web tv uno strumento in grado di “fare massa critica”

Non lo contraddirei, non è sbagliato, come non è sbagliato considerare come occasione perduta un giorno d’estate piovoso. Il punto è: poichè piove, e al mare non possiamo andare, che vogliamo fare?

Il nostro paese, forse meno di altri paesi europei (ma verificherei prima), è incrollabilmente ancorato alla tv di flusso. Tutto il video italiano che ruota nella rete si può considerare “di risulta” dalla presenza ingombrante dei palinsesti raiset: stralci di tg e talk show stracommentati, reportage che fanno il verso ai servizi del tg, comici e ballerini improvvisati che si esibiscono davanti alle webcam sperando di fare il colpaccio e finire in show come “Amici”. La rete è l’anticamera, o la camera di decompressione, della tv. Basta ricordare il panico che si è creato nei giorni di switch off verso il digitale terrestre, per rendersi conto che il monolite del rituale casalingo non cambia, e non è mai cambiato negli ultimi 50 anni. Possiamo lamentarcene, certo, ma se vogliamo innovare davvero, o almeno tentare di accelerare un lentissimo e pericoloso processo di decomposizione della tv di flusso (evitandone i pericolosi colpi di coda), dobbiamo chiederci cosa fare stante la situazione attuale, non limitandoci a costruire operazioni alternative di nicchia destinate a rimanere nella nicchia. E secondo me, le linee guida sono sostanzialmente cinque.

  • Sorvegliare l’integrazione fra televisore domestico e internet
    E’ meno banale di quel che si possa pensare, perchè è proprio sul divano di casa, e accanto al tavolo della cucina, che si gioca la partita, e il rischio dei “walled garden” è altissimo. Bisogna seguire gli sviluppi di questo processo, e premere dal basso per la maggiore standardizzazione possibile.
  • La qualità fa la differenza
    Oggi basta attaccare un telefonino a Livestream, ed ecco qua il tuo programma tv in diretta, ma anche il modo migliore per uccidere creatività e interesse intorno all’audiovisivo su web. Il fatto che sia facile non vuol dire che funzioni bene, e gli utenti/spettatori la differenza la vedono eccome! Da operatori nel settore, bisogna essere intransigenti su questo, non importa se passiamo per rompiscatole ossessionati dalla qualità, ma c’è una soglia minima sotto la quale è meglio non fare. RIcordiamo che produrre audiovideo di qualità non costa tanto, a volte la differenza è solo la competenza. E l’incompetenza uccide scenari e mercati.
  • Diretta: il qui e ora
    Nonostante si parli normalmente di video on demand come cardine della fruzione audiovisiva su web, trasmettere in diretta ha alcuni vantaggi ineludibili nel contesto a cui siamo abituati: il meccanismo di amplificazione dato dai media tradizionali, più forte nel caso di eventi legati ad un preciso momento temporale, e l’idea stessa di evento come elemento catalizzatore dell’attenzione degli spettatori. L’idea di ondemand è più forte se la si considera come “soluzione-per-rivedere-l’evento”. Inoltre, è più facile associare soluzioni innovativi di interazione realtime, per far entrare nell’uso comune l’idea dell’internet a due vie.
  • La scrittura della serialità
    Se da una parte è vero che l’attenzione su web tende a decrescere su prodotti seriali, la capacità autoriale di scrivere per la serialità è anche la migliore medicina per far entrare nell’orizzonte quotidiano un format di qualsiasi tipo. Bisogna solo farlo bene.
  • VIPS on the rocks
    E’ una vecchia storia, ma sempre vera: quando c’è un “nome” (conduttore o ospite che sia), il 50% del successo è assicurato.

Si tratta solo di qualche spunto, discutibile e integrabile. E sono cose forse più facili da dire, che da fare. Ma sono abbastanza convinto che per fare seri passi avanti nella direzione dell'”audiovisivo a due vie” non possiamo trascendere dalle abitudini consolidate: ricordiamo che uno dei proverbi più amati in questo paese è “chi lascia la via vecchia per la nuova, sa che cosa lascia, ma non sa che cosa trova”.

4 Comments

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  1. è internet che andrà sul televisore. non il contrario. stamo a parla’ di qualcosa che è già superato. come il digitale terrestre. tra due anni faremo le app per il televisore come ora le facciamo per l’iphone 🙂

  2. Infatti ho detto “è lì che si giocherà la partita, fra il divano di casa e il tavolo della cucina” 🙂

  3. grazie per la competente e articolata risposta al mio post.
    su molte cose sono d’accordo (specie sul tema della qualità come prerequisito), solo una osservazione…

    se non smette di piovere possiamo rinunciare del tutto ad andare al mare, e fare qualcosa di compatibile con la pioggia. fare da camera di decompressione della vecchia tv (splendida metafora), che magari giochi con la “rimediazione”…sperare di finire sul giornale (“creando l’evento”) o magari essere così bravi a cogliere lo zeitgeist da finire sulla vecchia Tv (penso a Zoro). avremo ottenuto l’obiettivo di far emergere fatti, talento, contenuti che sarebbero rimasti “dormienti” e appannaggio di poche persone. ma questo non ha molto a che vedere con i linguaggi. semmai, ha molto a che vedere con una catena del valore lineare che premia una sola dimensione: l’audience, o meglio “il tipo di audience” che rende sostenibile un solo modello distributivo. mentre io credo che si vada verso ecosistemi complessi, dove le remunerazioni tra “peers” sono della natura più varia, e in cui gli owner del contenuto non debbano necessariamente scendere al “patto della rimediazione”. tra parecchi anni, forse, ma credo che la direzione sia quella.

    in fondo chi ha inventato rocketboom, o revision3, o arte liveweb è andato al mare senza aspettare che spiovesse, si è fatto il bagno sotto la pioggia battente, è tornato a casa bagnato come un pulcino, si è beccato un brutto raffreddore, è stato a letto una settimana. ma intanto l’ha fatto. mi dirai: evidentemente se lo potevano permettere, qualcuno con buoni mezzi ha creduto in loro e li ha aiutati. giusto: infatti occorre farlo capire a chi ha i buoni mezzi. però ci vuole tempo e tenacia. è più difficile rispetto ad assecondare le regole dei flussi e dei format esistenti. ma non dimentichiamo ciò che determina i flussi e i format esistenti non è solo una cultura assuefatta ad essi, ma anche (e soprattutto) la circostanza che vede tali flussi e tali format come gli unici compatibili con l’unico modello di business attualmente esistente. se trovi un modello diverso, anche i flussi e i format possono cambiare.

    a

  4. Credo sia vero che quello che siamo oggi lo dobbiamo al passato, nel bene e nel male, ma non per forza al passato occorre restare ancorati. I metodi del passato, o per meglio dire della vecchia e ancor troppo presente tv, poggiano le fondamenta in una società molto lontana, fatta di alfabetizzazione e di bisogni ed esigenze a cui oggi guardiamo con ironia e forse anche un po’ di nostalgia. Quella società adesso è “altro” come “altro” sono i mezzi di comunicazione che essa ha a disposizione; la mia idea è quindi quella di mettere da parte gli schemi della vecchia tv e “gettarsi sotto la pioggia”, seguendo le dinamiche dell’attuale comunicazione a due vie e reinventando da capo il modo di fare televisione proprio perchè non è più di televisione che si parla ma, forse, di uno streaming comunicativo ed interattivo di contenuti confezionati per utenti altrettanto interattivi.

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