Stanco. Stanco di credere ai sogni, fidarmi delle promesse, guardare i lati positivi, interpretare i segnali sempre nel modo più roseo. E tutti mi dicevano (e mi dicono) che non si dovrebbe mai smettere di sognare, ma soprattutto non si dovrebbe mai smettere di perseguire i propri obiettivi, specialmente quando si è convinti di aver ragione. Specialmente quando capisci che se i complimenti fossero soldi, avresti già smesso di lavorare e ti saresti comprato un bungalow alle Seychelles. Ma le banche sembrano piuttosto disinteressate ai complimenti, e a un certo punto chiudono i rubinetti. Come biasimarle? La nostra situazione in effetti sembra tanto simile a quella dell’Italia del Trap a Tokyo. Di chi è la colpa? Della sfortuna? Di Bombolo Moreno? Del Trap? Di Totti? Di Vieri? Della malattia del calcio italiano? La verità è che si chiude, o perlomeno si ridimensiona una realtà che se fosse esistita tre anni fa sotto questa forma e con queste persone avrebbe avuto un destino molto, molto diverso. Ma la vita ci insegna che meno soldi ci sono in giro, più finiscono in tasca agli incompetenti. Perchè quando girano pochi soldi, si sa, gli stupidi diventano molto più stupidi, gli simpaticoni diventano molto più simpaticoni. E chi fa bene il proprio lavoro quasi sempre finisce strozzato dall’abbraccio mortale fra queste due categorie di esseri (?) umani.E certe volte preferirei essere un egoista. Oppure uno stupido. Essere intelligenti, competenti e moralmente ineccepibili è doloroso, è una malattia micidiale. E quando sei ormai incapace di ironizzare perchè davvero, davvero non c’è più niente da scherzare, allora è piuttosto complicato; l’intelligenza purtroppo è come l’udito, non si spegne mai. Che avrei dovuto fare? Il commerciante di scarpe che si mette a vendere scarpe di cartone sostenendo che acquistando da lui si sceglie la qualità? Oppure quadruplicare i prezzi facendo fuggire anche quei tre che hanno creduto in noi? Ma il dubbio che poteva esserci qualcosa da fare rimane lì, sospeso, dilaniante nel suo dondolio ritmato e incessante. Perchè dopo aver passato mesi a cercare di dare una forma all’acqua (questa è di Camilleri…) mi chiedo: avrei dovuto evitare di sprecare tempo che poteva essere investito in altro modo, o avrei dovuto puntare i piedi e rifiutarmi di proseguire così? Non so. Davvero non so. Quel che so è che la serietà del problema era evidente da tempo, è sulle strategie per cavarne le zampe che non ci si è mai messi d’accordo. O meglio, pur avendo urlato a chiare lettere il mio pensiero come peraltro sono solito fare per natura, non ho mai trovato di fronte a me un pensiero altrettanto tonico con cui confrontarmi, anche duramente. Poi per carità, la sfortuna, gli arbitri… La realtà è che non ho mai creduto al fatto che i punti di vista sono sempre tutti integrabili. Mentre invece credo fermamente nel fatto che tanto maggiore è la responsabilità che si ha, tanto più si richiede fermezza, coraggio e spietatezza. Soprattutto con se stessi. E rischiare l’impopolarità. Ho imparato a diffidare di chi evita il confronto per paura dei toni troppo accesi, ho in realtà paura di chi evita il confronto per paura. Perchè non si decide mai niente. Per queste persone le cose sono sempre e comunque grigie, non sono MAI bianche #FFFFFF o nere #000000. E per queste persone decidere è un incubo. Nel tempo che impiegano a prendere decisioni cambiano le condizioni che si ponevano; e passano il tempo a rincorrere i problemi. Moltiplicato cento, visto il lavoro che facciamo. E allora sì, prendiamocela con la sfortuna. Oppure facciamo i filosofi e diciamo sorridendo “Eh, purtroppo è andata così”. Ma adesso basta.